LA MEDIAZIONE ALLA LUCE DELLA RIFORMA CARTABIA
Abbiamo già parlato delle novità apportate dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022)al processo civile, evidenziando i tratti salienti della riforma.
Nel post di oggi ci soffermiamo invece su uno specifico istituto su cui la Riforma Cartabia è intervenuta, ovvero la mediazione, la cui disciplina è contenuta nel d.lgs. n. 28/2010.
Le modifiche introdotte dalla Riforma sono – almeno sulla carta – destinate ad aver un impatto significativo nei procedimenti che coinvolgono le Compagnie assicurative.
Lo scopo del legislatore della Riforma è stato quello di rendere il procedimento civile più efficiente ed evitare le lungaggini processuali. È quindi del tutto comprensibile che la Riforma sia intervenuta anche sugli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, spingendo le parti, in un’ottica deflattiva del contenzioso, ad evitare il ricorso allo strumento giudiziario.
In tale ottica è stato dunque ampliato il novero delle materie per le quali la mediazione è obbligatoria, ossia costituisce una condizione di procedibilità del successivo (ed eventuale) procedimento giudiziario.
Come da disciplina ante Cartabia, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 la mediazione è obbligatoria per le vertenze riguardanti le seguenti materie: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto d’azienda, risarcimento del danno da responsabilità medica, risarcimento del danno da diffamazione, contratti bancari, assicurativi e finanziari. A seguito della novella, il tentativo di preventiva mediazione è esteso anche alle liti in materia di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.
Come è noto, qualora venga instaurato un procedimento giudiziario senza il preventivo esperimento del procedimento di mediazione, la relativa eccezione deve essere sollevata dal convenuto a pena di decadenza non oltre la prima udienza, ovvero può essere rilevata d’ufficio dal giudice entro la prima udienza; in tali casi il giudice dichiarerà l’improcedibilità della domanda.
Tra le varie novità che riguardano il procedimento (il primo incontro dovrà essere fissato non prima di 20 e non oltre 40 giorni dal deposito della domanda di mediazione) si segnala l’espressa previsione dell’obbligo di partecipazione personale delle parti, le quali, in presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche possono invece partecipare tramite propri rappresentanti o per mezzo di delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per comporre la controversia.
Al fine di incentivare la definizione bonaria della vertenza, la Riforma ha previsto che il mediatore possa avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali, la cui relazione, se vi è l’accordo delle parti, può essere prodotta nell’eventuale giudizio. In tal modo, anche nell’ipotesi di mancato accordo in sede di mediazione e di instaurazione del contenzioso, le parti possono comunque recuperare il parere tecnico reso dal CTU nella fase stragiudiziale.
Indice della volontà legislativa di favorire il più possibile la mediazione quale strumento alternativo di risoluzione delle controversie è anche la previsione contenuta nel nuovo art. 12 bis del d.lgs. 28/2010.
L’art. 12 bis (conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione) ribadisce innanzitutto che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al primo incontro di mediazione il giudice, chiamato a pronunciarsi nel successivo giudizio instaurato in caso di esito negativo del procedimento di mediazione, potrà desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
Dalla lettura dell’art. 12 bis emerge anche un inasprimento delle sanzioni in caso di mancata partecipazione alla mediazione.
Quando la mediazione costituisce una condizione di procedibilità (ovvero nelle materie indicate all’art. 5), il giudice condanna la parte costituita che non ha partecipato senza giustificato motivo al primo incontro al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di denaro pari al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.
Ma le possibili conseguenze pregiudizievoli per la parte che si costituisce in giudizio senza aver prima partecipato alla mediazione non finiscono qui.
Il giudice, sempre nei casi in cui la mediazione costituisce una condizione di procedibilità del giudizio e qualora gli venga richiesto, può condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento di una somma equitativamente determinata e comunque in misura non superiore nel massimo alle spese legali maturate successivamente alla conclusione del procedimento di mediazione.
Ed è questa la previsione che, probabilmente, interessa più da vicino le Compagnie assicurative.
È infatti previsto che copia del provvedimento di condanna al pagamento della somma equitativamente determinata venga trasmessa al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti se la condanna è pronunciata nei confronti di un’amministrazione. Quando invece la sanzione è rivolta ad un soggetto vigilato, la copia del provvedimento andrà trasmessa all’autorità di vigilanza competente, ossia, in caso di Compagnie assicurative, all’IVASS.
L’intento del legislatore non è tanto quello di sanzionare le parti in caso di mancato accordo in fase di mediazione, ma è quello di sanzionare la parte che non tenta nemmeno di risolvere preliminarmente la vertenza tramite mediazione.
Per vedere se questa ulteriore spinta a ricorrere agli strumenti di ADR sortirà gli esiti deflattivi auspicati occorrerà però attendere quella che sarà l’applicazione della normativa nella prassi.